Riflettiamo con … Marco Forni

Riflettiamo con … Marco Forni

A pagina 13 del quotidiano ALTO ADIGE, Marco Forni ci propone alcune serie e profonde riflessioni, che ringraziamo di cuore anche per gli auguri di rinascita. Quel “riveder le stelle” ci mostra forse un “oltre”, una trasformazione personale e collettiva possibile da raggiungere, proprio accettando e gestendo al meglio la sfida avanzata dai momenti più difficili della vita.


UN SENSO DI SPAESAMENTO E ANGOSCIA

“Nelle valli regna un silenzio irreale; interrotto, appena, da ignari cinguettii primaverili. La natura si rigenera e, di questi tempi, con maggior vigore. Viviamo in mezzo e grazie a lei, ma le siamo estranei.
In queste settimane è in atto un cambiamento epocale. Non esiste più un altrove: lontano dagli occhi e lontano dal cuore. Ci si era abituati a coltivare il proprio orticello e si gettava uno sguardo indispettito all’erba sempre più verde del vicino. È uno stato di reclusione forzata, che ci impone di occuparci di noi come mai prima d’ora.
Gli effetti devastanti della crisi causata dalla pandemia sta incidendo profondamente nella vita di tutti noi. Ci sentiamo a disagio; privi di punti di riferimento, sradicati dal nostro ambiente di vita abituale e, per certi versi, rassicurante. La vita alla quale eravamo abituati, che davamo inconsciamente per scontata, non sarà più la stessa, anche dopo la fase più acuta dell’emergenza.
È una dimensione indeterminata segnata dall’angoscia: non si sa bene cosa stia accadendo e quanto durerà questo stato di cose, prima di poter tornare almeno a una parvenza di normalità.
La quotidianità consolidata si è interrotta bruscamente: la sveglia al mattino e i modi del come eravamo abituati a impostare la giornata erano connaturati; ora ci troviamo, invece, in uno stato di spaesamento. Siamo pervasi da un senso non tanto di paura, ma di angoscia. È ancora più tangibile la percezione della possibilità di soffrire, di ammalarci, di morire. Questo stato di inquietudine intensa ci pone di fronte non solo alla nostra fragilità individuale, ma anche a quella collettiva. D’improvviso può subentrare una profonda malinconia e il senso della perdita: il lutto.
Tutto quello che consideravamo la normalità è stato improvvisamente sospeso e ci ha relegati in un isolamento innaturale. Alla luce di quanto sta accadendo: siamo costretti a ripensare il nostro stile di vita, la nostra gerarchia di valori.
Il mondo intero è chiamato a far fronte comune per contrastare un male infido e imprevedibile. L’Europa appare un microbo in questo scenario planetario. Nemmeno di fronte a una situazione così drammatica è riuscita a reagire in maniera unitaria. La solidarietà è rimasta per lunghe settimane a fare bella mostra di sé solo nel vocabolario dei buoni propositi.
L’economia – ora come ora – non è più il signore, l’arbitro incontrastato di gran parte del nostro vivere e delle nostre relazioni sociali. I governi si occupano meno di finanza. D’imperio sono stati chiamati a occuparsi della salute dei cittadini. La sanità ora è l’argomento principale: la priorità assoluta.
Paladini dello statu quo, invitano a non usare l’emergenza per ridiscutere i modelli di sviluppo in auge. E invece è proprio questo che siamo, saremo, chiamati a fare. Una riforma del profitto per il profitto è inevitabile, perché è già mutata la costituzione materiale dei rapporti tra le nazioni e il mercato.
In questa situazione sospesa, si è rafforzato un legame di fiducia con le istituzioni. Chi ci governa ha anche commesso degli errori di valutazione, ma nessuno poteva prevedere uno scenario così funesto e degenerante. Questa situazione drammatica ha sortito l’effetto di un rinsaldante sociale.
In tanti erano portati a pensare solo a a sé stessi e al proprio tornaconto, ora subentra una maggiore solidarietà. È un apporto di fratellanza e di reciproco sostegno, che accomuna i singoli componenti di una collettività nel sentimento appunto di questa loro appartenenza a una società con interessi e finalità comuni.
È facile e rischioso invischiarsi in una facile retorica dei buoni sentimenti. Ma per certi versi è anche un periodo fecondo per quanto riguarda i rapporti interpersonali: la distanza fisica, ci ha riavvicinati grazie ai social network. Sentiamo il bisogno di coltivare la vicinanza, la condivisione, i contatti.
Lo stato maggiore in prima linea è tutto il personale sanitario ed è commovente e confortante la loro dedizione assoluta. Affido il mio grazie all’eco delle nostre montagne.
Da questa angoscia che ci attanaglia può nascere e fiorire un’inaspettata creatività positiva. Anche dalla notte più tetra nasce un nuovo giorno. Non lasciamoci sopraffare dagli eventi nefasti: siamo noi gli artefici del nostro destino. Dobbiamo continuare a fronteggiare insieme questa situazione drammatica con le armi della solidarietà e nel rispetto delle regole dettate dall’emergenza sanitaria.
L’uovo appare come uno dei simboli del rinnovamento periodico della natura. La Pasqua è il simbolo della rinascita. Nell’uovo pasquale vi auguro di (ri)trovare il vostro sole raggiante di primavera e usciremo a riveder le stelle, il cielo, i boschi, i prati, i volti delle persone come se fosse la prima volta dopo tanto tempo.”

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